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Le schede tecniche degli impianti audio, ci sarà da fidarsi?

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Qui bisogna fare 2 premesse enormi, un po perchè l’argomento è scientificamente complicato, un po’ perchè si potrebbe toccare la sensibilità “religiosa” di taluni.


  • Prima premessa (un po’ come la prima legge della robotica): gli impianti vanno sentiti. Questo perchè al di là delle nozioni tecniche e scientifiche, il nostro mestiere si basa anche su una componente artistica che non è sempre inquadrabile in rigorosi schemi mentali. Esiste una componente di gusto strettamente personale che in quanto tale rimane sempre insindacabile.


  • Seconda premessa: i numeri “mentono”, e attenzione, mi fa male scrivere una frase del genere, in quanto la mia formazione scientifica mi impone di dare peso principalmente a ciò che è misurato, oggettivo, in contrasto a ciò che è percepito, soggettivo; Ciononostante non bisogna scordare il contesto, ossia come tali numeri sono stati misurati/calcolati. Per parafrasare tutto ciò possiamo dire: “fidatevi delle misure ma non fate l’errore di credere che le vostre misure descrivano la totalità sistema. Questo rende impossibile trasportare in maniera lineare un dato scritto su una scheda tecnica all’interno di un caso d’uso reale. (spero per tutti i tecnici la fuori che non ci siano artisti che basano il proprio spettacolo sui toni di test!)



Veniamo al discorso vero e proprio, come ben sapete, le schede tecniche degli impianti sono strumenti essenziali per progettare un investimento aziendale, e ci danno modo di definire a priori una serie di caratteristiche dell’oggetto che stiamo acquistando, in primis dimensione e peso. Se però ci spostiamo verso dati meno fisici abbiamo una serie di numeri che è bene contestualizzare.


  • Sulle dimensioni dei driver si potrebbe scrivere un trattato (ma ci sono esperti ben più ferrati di me in materia) ma diciamo che driver più grossi “spostano” più aria, ma sono più lenti. Per le bobine invece è più semplice: bobine grosse sono più pesanti ma “raffreddano” meglio. Da qui diventa complesso perchè dovremmo tirare in ballo un po’ di fisica.


  • La risposta in frequenza, sembra un valore banale, ma non è così. Intanto è sempre bene valutare le condizioni di test a partire dal valore in dB presente subito dopo. Diciamo che se una cassa è dichiarata 70Hz-18KHz a ±3dB significa che, nel range dichiarato, lo spettro si attesta con una differenza massima di 6dB ( da – 3 a + 3 rispetto ad uno zero preso a priori). Verosimilmente avremo qualcosa come -4.5dB a 65Hz e qualcosa come -6dB a 60Hz. Molto diverso quando viene dichiarato ± 10dB. Teniamo sempre conto che questi valori vengono misurati con stimoli “semplici” tutti riconducibili a sinusoidi o somma di tali, che sono ben diversi dal suono di uno strumento.


  • La sensibilità è piuttosto semplice: la pressione sonora che una determinata cassa riesce a generare (espresso in dBSPL) con 1W di potenza, misurata ad 1 metro (con un rapido calcolo per ottenere 1W con uno speaker a 8 Ω servono 2,82 Vrms). Di solito si usa una sinusoide a 1 KHz o nel punto di massima efficienza del cono, a volte un rumore rosa filtrato. L’efficienza di una cassa, per una questione fisica, non può mai essere maggiore dell’efficienza del cono che è montato all’interno. Purtroppo negli anni si sono susseguiti diversi standard per la misura, a volte non specificati nelle schede, quindi non è semplice confrontare 2 speaker di produttori differenti.


  • La potenza nominale è qual valore utile a dimensionare correttamente gli amplificatori ma è un concetto abbastanza complicato perchè ci sono molti fattori da tenere in considerazione come la massima escursione dei coni, la capacità di dissipare calore (eh si, una bella parte di energia dei nostri ampli viene “buttata via” sotto forma di calore) e lo stress meccanico esercitato sulle parti mobili, e sopratutto per via di diversi standard che sono cambiati negli anni, come l’AES2-1984 successivamente sostituito dall’AES2-2012.Semplificando molto possiamo dire che:

la potenza di picco non va superata per evitare la sovraescursione del cono, quella RMS è la potenza alla quale, applicata una sinusoide (che è un segnale con poco crest factor1 e che tende a scaldare molto le bobine, ma diciamo parecchio diverso da un tipico programma musicale) è la potenza che se applicata per 100 ore non scioglie la nostra bobina.

Mentre la potenza massima è quella potenza che se applicata a lungo (ma non si specifica quanto a lungo, ne che tipo di segnale viene utilizzato) è quella che porta alla distruzione del nostro driver (come linea di principio il termine lungo potrebbe essere 10 secondi come 1 minuto).

E per complicare ulteriormente le cose esiste anche il program power, ma ogni azienda dichiara un po’ ciò che ritiene più opportuno e l’AES power che invece è standardizzato dall’AES2, ma di solito si applica ai singoli driver (simile alla potenza massima ma con tempistiche e stimoli determinati). Se ciò non bastasse abbiamo un’altro fatto a complicare la scelta del giusto amp: anche per amplificatori infatti, esistono diversi standard quando si parla di potenza erogata. Non dimentichiamo mai che la musica è un segnale molto distante (e ben più complesso) da un segnale di test. il mio consiglio è quello di utilizzare solo gli amplificatori suggeriti dalla casa madre, con i relativi preset DSP.


  • SPL2 massimo, ossia che volume può produrre la vostra cassa. Questo è forse il dato più difficile da descrivere, e nelle conferenze degli addetti ai lavori esistono diverse, ma tutte interessanti, correnti di pensiero. Fattostà che a volte quel numerino espresso in dBSPL può spingere verso l’acquisto di un prodotto rispetto ad un’altro.

Filosoficamente parlando, quando abbiamo raggiunto il massimo? Abbiamo diversi modi di discriminare: il più drastico è 1ms prima che la cassa esploda, ma possiamo anche discriminare sulla base di quando il nostro sistema diventa “fastidioso”, ponendo un limite di distorsione accettabile (anche qui: in gamma bassa magari non percepiamo anche il 10% di distorsione, quando in gamma alta è sufficiente il 2%, oppure in maniera più stringente possiamo definire come massimo quando il sistema non è più lineare. Curiosamente tutte queste modalità sono sia giuste che sbagliate contemporaneamente (lo possiamo chiamare il dBSPL di Schrodinger3). Anche qui, dagli anni ‘70 si sono approcciati diversi standard per misurarlo, tenendo conto che una misura “pura”, utilizzando le sinusoidi è si matematicamente più precisa (solo con una sinusoide possiamo misurare DIRETTAMENTE la distorsione), ma anche incredibilmente lontana dalla realtà.L’ultimo nato è il metodo AES75 che usa il Music Noise, prima conosciuto come M-noise di Meyer Sound, con la particolarità di avere un crest factor di 18db, confrontato ai 12db di un rumore rosa e i 3db di una sinusoide. Questo crest factor, dipendente dalla frequenza, cerca di simulare quello che “potrebbe” essere un segnale musicale. Seppur il metodo non sia esente da critiche (come ad esempio che non esistono amplificatori sufficientemente potenti da stimolare dei grossi sistemi come vorrebbe la procedura) potrebbe essere oggi un ottimo metodo per standardizzare i dati pubblicati, altrimenti praticamente inconfrontabili allo stato attuale. Concludendo credo che, sebbene sia comunque una approssimazione, vale sempre la pena leggere gli asterischi delle schede tecniche dove è dichiarato lo stimolo utilizzato per ottenere il dato.


  • Direttività il dato che ritengo più utile quando progetto un sistema di sonorizzazione per un dato ambiente. Perché la direttività (ma è sempre bene leggere il grafico di solito allegato) permette di sapere a priori quante casse montare per raggiungere tutto l’audience e soprattutto come posizionarle. Immaginando un classico sistema LR da concerto, se ho a disposizione delle casse point source con direttività di 60°H x 40°V so che probabilmente dovrò metterne 2 per parte affiancate (e correttamente aperte tra loro) per raggiungere 120°H, una misura tipicamente richiesta. Al contrario con degli speaker da 90°H x 60°V raggiungerò i 180°H che sono un po troppi e verosimilmente mi creeranno riflessioni indesiderate.



Probabilmente oggi ho già messo troppa carne al fuoco, ma dopo una breve pausa riflessiva a base di birra ghiacciata e griglia rovente, tornerò con altre disquisizioni filosofiche sull’audio, la vita, l’universo e tutto quanto.


(1) Il crest factor è un valore matematico calcolato come la differenza tra il valore di picco e il valore efficace (RMS, giusto per intendersi). Essendo una differenza di valori è matematicamente un numero puro, senza unità di misura, ma può essere indicato anche in dB.


(2) SPL stà per Sound Pressure Level, espresso in dBSPL con la formula 20Log10 (P/P0) con P0 che è la soglia di udibilità 20 μPa RMS, mentre P è il valore RMS del suono generato. Giusto per chiarire la matematica essendo dei dB con formula 20Log questi hanno il raddoppio del valore a +3dB e di conseguenza il dimezzamento a -3dB.


(3) Trai diversi metodi in uso, di per se nessuno è completamente sbagliato, e ci sono precise motivazioni tecniche per scegliere tale metodo, ma ciò non toglie che nessun metodo proposto riesce a scalare in maniera diretta in un utilizzo reale. Questi metodi, per tanti motivi, sono sia giusti che sbagliati contemporaneamente a seconda del contesto, come il gatto Schrodinger che in un esperimento mentale sulla meccanica quantistica è, in un dato contesto, sia vivo che morto contemporaneamente.

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