Quali sono i problemi e come risolverli.
Problemi e risoluzioni, ecco ci piace approcciare alla materia. Che sia un sistema di mixaggio audio, un faro motorizzato o, come in questo caso, un segnale, quello che da sempre ci interessa offrire ai nostri clienti sono “soluzioni”. Soluzioni ad esigenze ai problemi che tecnici e rental devono affrontare ogni giorno. Ci sembra logico quindi partire dal dominio analogico, la prima tecnologia utilizzata, ma che dopo oltre 100 anni di spettacoli continua ad essere di primaria importanza sui palcoscenici di mezzo mondo.
Cos’é un segnale analogico?
Fondamentalmente un segnale analogico é una corrente, modulata in frequenza ed ampiezza che transita nel cavo. É un segnale continuo e non quantizzato. Fondamentalmente è la stessa onda, per frequenza ed ampiezza relativa, che riproducono i nostri speaker o che cattura il microfono, solo che è un’onda elettrica anzichè un’onda fisica, quantificabile in una manciata di V, al contrario dei segnali di potenza che sono segnali di oltre 100V.
Il trasporto di questo segnale può influire negativamente sulla fedeltà del segnale, da qui nasce il concetto di integrità sonica, ossia quanto il segnale che esce dal trasporto è fedele a quello che entra. É importante però citare altre problematiche più “meccaniche” del cavo, ossia la resistenza a torsioni o flessioni, la durata nel tempo con il normale uso (significa che almeno una volta al giorno quel cavo verrà prima steso e poi arrotolato) e la facilità nel saldarlo e nel lavorarlo per cablare il nostro bellissimo flightcase.
Le problematiche del dominio analogico e le soluzioni adottate
Il primo problema che mi viene in mente é l’affidabilità del cavo. Il cavo deve essere morbido e malleabile, il tutto senza sacrificarne le proprietà elettriche, e il rame funziona benissimo allo scopo. Una trecciola di rame (CU63) è il compromesso migliore tra malleabilità e conducibilità elettrica. Va tenuto conto che unaltro isotopo del rame, il CU65 invece non è altrettanto conduttivo, quindi i cavi di qualità sono al 100% formati da CU63, e sono costosi anche per questo, in natura il rame é presente al 30% in CU63 e al 70% in CU65. Sempre parlando di resistenza è importantissima la scelta del materiale isolante che avvolge il conduttore. Il normale PVC è estremamente robusto, ma contiene alogeni, ossia impurità che conducono corrente, e possono condurre interferenze elettromagnetiche al segnale (avete presente l’integrità sonica citata prima?). Per ovviare al problema si possono adottare 2 soluzioni: l’uso di PVC halogen free oppure utilizzare altri isolanti come il polipropilene o altre fibre intrecciate, che purtroppo sacrificano la resistenza in favore della morbidezza. Un cavo di qualità utilizza PVC halogen free per le guaine interne e polipropilene per le guaine esterne. Ma non é escluso che per impieghi particolari una semplice guaina in PVC halogen free sia la scelta migliore, anche per contenere il diametro totale del cavo. Importante a questo punto citare la saldabilità del cavo: più la treccia di cavo è fatta a regola d’arte, più assorbirà stagno per essere saldata sul connettore. Una saldatura stabile aumenta la vita del cavo e diminuisce la possibilità di rumori indesiderati. Parlando invece di qualità audio abbiamo 3 grosse problematiche: la dispersione di energia sotto forma di calore, l’effetto passa alto dato da più conduttori che corrono paralleli e fanno effetto condensatore e infine le interferenze elettromagnetiche catturate dal cavo.
Per ovviare al problema della dispersione si può ovviare con 2 strategie: conduttori più grandi e rame oxigen free. Si effettua un processo elettrolitico sul rame per rimuovere l’ossigeno migliorandone la conducibilità. In linea di principio è bene gestire le distanze con saggezza, senza usare cavi da 25 metri per fare 50 centimetri e nel caso di avanzi di cavo arrotolarlo lontano da radio emettitori e magari facendo spire in senso opposto, per non creare una grossa bobina.
Per quanto riguarda l’effetto passa basso bisogna optare per cavi con bassa capacitanza tra i conduttori misurate in pF (picoFarad). Non è escluso però che questo effetto sia voluto nelle prestazioni soniche, per questo esistono cavi hi-grade per strumenti, quindi sbilanciati e con connessione jack 6,3mm TS con capacitanze estremamente precise, per ottenere un suono più “fatty” dalle vostre chitarre o bassi elettrici.
Parlando invece di interferenze (varie ronze, hum, o i terribili 50Hz della rete elettrica) la migliore strategia adottata è lo starquad, 4 conduttori intrecciati a coppie, dei quali 2 sono saldati sul polo caldo e 2 sul polo freddo.
Il funzionamento di questi cavi è piuttosto semplice e permette di sfruttare al 100% il circuito di un segnale bilanciato: come sapete il vantaggio di un cavo bilanciato è dovuto all’inversione di polarità del polo freddo rispetto al caldo, che poi viene “rimesso in fase” dall’elettronica a monte, ne consegue che il rumore generato nel cavo, NON essendo controfasato durante il trasporto, viene annullato. Tutto ciò funziona finchè il rumore sul polo caldo è identico a quello sul polo freddo, e non sempre è cosi, in quanto sono fisicamente 2 percorsi diversi, sebbene molto simili. Lo starquand ha le coppie di ogni polo speculari nel cavo, quindi il “centro elettromagnetico” di ogni coppia è diverso dal suo centro fisico, ed è localizzato in mezzo al cavo, sia per il polo freddo che per il polo caldo. Ne consegue che il rumore generato durante il percorso è sempre identico, e viene annullato nell’utilizzatore di linea. . Voglio raccontarvi di un fenomeno, chiamato rumore da maneggiamento: se la schermatura del cavo è di bassa qualità, oppure è danneggiata, possono passare interferenze EM. Muovendo il cavo all’interno di un campo elettromagnetico, questo si comporta come un pick-up, diventa quindi microfonico. A questo punto è il cavo stesso che genera un segnale durante lo spostamento. Questo fenomeno si può evitare utilizzando cavi di qualità, trattandoli con cura, e sostituendo i cavi con la schermatura danneggiata.
I segnali digitali
I segnali digitali, a differenza dei cavi analogici, sono quantizzati ossia vengono convertiti in bit (numeri) e quindi trasmessi. Elettricamente sono onde quadre di periodo ben preciso, e che fa riferimento al protocollo utilizzato. Possiamo semplificare la spiegazione (e mi scuseranno i lettori più ferrati per la semplificazione) immaginando 2 grandi categorie di trasmissione dei segnali: il TDM (time-division multiplexing) che tipicamente è una trasmissione SERIALE e Point to Point, e il RTP (Realtime Transport Protocol) che è tipico dell’audio su ethernet e del mondo delle reti.
Si potrebbe aprire un mondo, parlando di frame, pacchetti, time blocks, clock e self clocking, standard AES; ma questa breve guida si trasformerebbe in un manuale di svariate decine di pagine, cerchiamo quindi di contingentare il discorso ai cavi e alla trasmissione del segnale. Nel mondo digitale, i cavi necessitano di specifiche elettriche abbastanza stringenti, in quanto il segnale non passa da un preamplificatore ad alta impedenza (che sono di bocca buona e con 60 o più dB di margine per fornire il segnale corretto all’elettronica) quindi bisogna fornire al microcontrollore un segnale compatibile con le sue caratteristiche elettroniche.
Segnali digitali Point to Point Per il segnale AES3 ( AES/EBU) come anche per il segnale DMX, sono necessari dei cavi da 110 Ohm. Più questo valore è preciso e con tolleranze ridotte e minore è la probabilità di errori trasmessi sul cavo. In condizioni standard un segnale di questo tipo può percorrere 100 metri. Esiste anche una versione di AES3 su BNC, ormai quasi in disuso, e una versione per le apparecchiature consumer chiamata S/PDIF.
Per lo standard MADI elettrico si usano cavi coassiali 75 Ohm, intestati con BNC, i cavi rg59 sono una buona scelta, anche se consiglio sempre di leggere attentamente i consigli del costruttore dei vostri apparecchi audio. Con materiale di qualità si possono percorrere 150 metri. Piccola nota: normalmente sono connessioni duplex, ma i cavi sono monodirezionali, quindi servono una coppia di coassiali per fare Tx e Rx.
Esiste anche un MADI su CAT, ma rimangono formati fuori standard per tipologia di segnale tramesso e piedinatura dei connettori (una soluzione proposta da Digico, Soundcraft e altri) per questi cavi è meglio utilizzare i cavi forniti dal produttore. Con cavi CAT si possono percorre 75/100 metri, ma hanno il vantaggio che un unico cavo porta sia Tx che Rx.
Esiste anche una versione MADI su fibra ottica, molto comoda per percorrere lunghe distanze (abbattendo inoltre il costo del sistema, perchèil rame di qualitàè piuttosto costoso), ma ne parleremo nel dettaglio in seguito. Esistono una serie di scatolotti per convertire da MADI elettrico a MADI ottico, ma anche da MADI BNC a MADI CAT. Digico propone le Purple Box, le Little Red Box e Little Blue Box o la Orange Box. Questi scatolotti sono anche particolarmente utili non solo per convertire il formato, ma anche per splittare i segnali.
Il MADI utilizza dei frame TDM, nel dominio del tempo, ed è self cloking (quindi sul cavo dei segnali passa anche il clock. É particolarmente immediato in quanto è una connessione point to point: da un trasmettitore ad un ricevente e viceversa. Attacchi e vai, a mio parere è un bel vantaggio.
Audio over Ethernet e le reti Parlando invece di audio su rete la situazione si complica. Qui bisogna avere presente il concetto di Layer, ossia di livello informatico sul quale passano i segnali (e vengono incapsulati di conseguenza.) Senza entrare troppo nello specifico e scomodare dei tecnici IT, possiamo entrare nel dettaglio solo nei layer utilizzati per le reti audio: Layer 2 (che significa un trasporto a livello degli indirizzi macchina MAC) e Layer 3 (quindi a livello di indirizzi IP). Dalle mie personali esperienze empiriche ho trovato il Layer 2 più immediato e con molte meno probabilità di errore durante il setup, sebbene limitato per numero di dispositivi connessi. Se invece servono reti particolarmente grandi e complesse per numero di switch, magari managed, e numero di utilizzatori, probabilmente opterei per un Layer 3 (ma chiederei anche un IT manager ad assistermi!). Tipicamente i protocolli AoE sono self clocking e permettono lo scambio di segnali tra molti dispositivi in rete (Multicast), ma hanno lo svantaggio che richiedono di perdere un po’ di tempo nel routing dei segnali. Il layer 3 poi richiede qualche accortezza in più, come l’assegnazione di indirizzi IP fissi tra la rete, e il soprannominare le macchine con dei nomi utenti un po’ più immediati di 192.168.57.101, molto meglio chiamarlo ad esempio stagebox-salablu. Bisogna anche fare i conti con la larghezza di banda disponibile (verosimilmente 1Gb/s) e verificare i segnali multicast (ossia che devono andare a più utilizzatori). Ma veniamo ai protocolli: sono layer 2 i protocolli Soundgrid, AVB (ma esiste anche una compatibilità layer3!), CobraNet, dSNAKE, A3232 e altri proprietari. Teoricamente basta un cavo CAT da 1Gb/s, ma meglio stare alle specifiche del costruttore (ad esempio Digico con A3232 consiglia un CAT7 schermato con in aggiunta la ferrite per filtrare i disturbi). Per quanto riguarda il Layer3 abbiamo Dante e la sua “evoluzione” RAVENNA, ma anche Q-LAN di QSC; per gli amici delle luci: Art-Net e altri sistemi di DMX su ethernet utilizzano un Layer3, per la precisione DMX over UDP.
Per i cavi da scegliere valgono i consigli del Layer2.
Piccolo appunto: non sempre possono convivere nella stessa infrastruttura di rete una classica rete IP internet e una rete AoE, quindi se avete necessità di tale convivenza armatevi di Switch managed o VLAN, e adattatori di rete USB 3 o USB-C.
Parlando di cavi, il mondo dei CAT épiuttosto vasto, esistono varia categorie, dai CAT5 (i più diffusi e si trovano ormai nei supermercati, che portano fino a 100Mb/s nelle versione più vecchie e arrivano al Gb/s nella versione enhanced) fino ai CAT7 che potenzialmente portano fino a 10Gb/s.
Ora la parte più difficile: questi cavi esistono nelle varie forme senza schermatura (UTP, unshielded twisted pair), con schermatura a calza o a foglio per tutti gli 8 conduttori, e con la schermatura a foglio per la coppia twistata. Con tutte le combinazioni del caso. Ad esempio un cavo SF/UTP ha la schermatura a calza e a foglio per le 4 coppie, ma nessuna schermatura per la singola coppia twistata.
Il mio consiglio: LEGGETE I MANUALI UTENTE dei prodotti che comprate e seguite i consigli del costruttore.
Piccolo consiglio operativo: la diffusione dei cavi CAT è ormai capillare nello show business, i prezzi sono anche diventati contenuti. Esistono vari scatolotti che sfruttano le 8 coppie di un cavo di rete come trasporto discreto di segnali di altra natura: ad esempio si possono trasportare 4 segnali DMX o AES3, ma anche 4 segnali di linea (occhio con la massa in comune e le phantom) su un singolo cavo CAT. Per chi fa video esistono Extender HDMI che utilizzano i cavi di rete per superare i 25 metri massimi consentiti da un HDMI.
Concludendo: a prescindere da che tipo di segnale dobbiate trasportare ci sono 3 cose da fare.
· Seguire le indicazioni del costruttore
· Toccare con mano i cavi, e optare per cavi robusti se le condizioni sono critiche
· Optare per cavi di qualità, il costo maggiore si ammortizza nella vita più lunga del cavo e soprattutto se vi salta lo show per un malfunzionamento rimpiangerete di aver risparmiato 50 centesimi al metro.
Lo so che ci sarebbe ancora un mondo di cose da raccontare, e probabilmente questa infarinatura leggera lascia più domande che risposte, ma la ritengo una base di partenza sufficientemente solida per ulteriori studi, vi permetterà di destreggiarvi con meno difficoltà in scritti specializzati per le vostre esigenze lavorative.
Ci vediamo alla prossima puntata dove parleremo di FIBRA OTTICA che permette non solo di gestire distanze spropositate ad oggi impossibili per ogni altra tecnologia esistente, ma anche di fornirvi una sicurezza operativa senza eguali e una ridondanza robustissima.
Nei sistemi di una certa complessità e criticità vi permette anche di abbattere notevolmente i costi. (ho già detto che il rame di qualità costa?)
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